Araba Fenice

29.12.02

Sono letteralmente impazzito a cercare nel I Ching i punti di simmetria fra il sistema antico e quello più recente e ulteriormente fra l'ottetto dei trigrammi simbolici e la cinquina degli elementi. Altri, soprattutto nell'agopuntura, si sono alambicati a trovarne, ad esempio creando due elementi fuoco distinti.
La cosa peggiore è cercare la sovrapposizione con i nostri sistemi, multipli di tre e quattro, che in fondo derivano dalla divisione dell'anno in 12 mesi, per spingersi con Morpurgo ad affermare l'esistenza di 12 pianeti (e Haram sostiene che nell'antichità era noto che ve ne fossero 12).
Sono arrivato alla conclusione che non è possibile. Che la legge della simmetria (in fondo spazio-temporale) è estranea al modo di pensare dei paesi che adottano linguaggi non alfabetici, quindi non combinatori, né simmetrici. Non posso dire se sia nato prima l'uovo o la gallina, ma di certo capisco quando Jung sosteneva che l'amico Wilhelm, straordinario e geniale sinologo che portandoci I Ching ci ha dischiuso un universo del tutto inaccessibile all'uomo che non vi si sacrificasse anima e corpo, sia stato distrutto dalla doppia appartenenza ad anime, quella Occidentale sistematica e quella Orientale fenomenologica.
Non potendo assumerli separatamente, 8 e il 5 non sono riconducibili a 3 e 4: 40 diviso 12 dà un 3 periodico, che forse è la cifra segreta del paradosso dell'umanità, il pi greco della comunicazione fra emisferi, fra maschile e femminile, fra animo e anima, fra ovest ed est.
Più strano è invece il fatto che 12 diviso 40 dia un più netto 0,3... riecco spuntare il mio occidentale bisogno di simmetrie!
;-)

L'alternativa al destino è la manifestazione, così come il mutamento è un fenomeno narrativo che inficia il predominio della time-line causale.
Non vi è libero arbitrio né mancanza di libertà se si pensa che si è quel che si è e si vive la vita propria di quel che si è.
"Sono quel che sono!" è la massima affermazione, nel contempo, di libertà e di dipendenza dal destino. Tuttavia, il fatto di essere chi si è non significa che quello che ci avviene sia fisso e prestabilito. La manifestazione di chi si è è variabile, non causale, narrativa, in quanto si tesse combinandosi con trame diverse, adattivamente o creativamente. L'adattività e la creatività non sono alternative: sono la stessa cosa, vista da fuori o da dentro. Adattabilità pura e creatività pura sono uguali a nulla: nel primo caso perché ci si annulla, nel secondo perché nulla può essere creato se non inserendosi almeno parzialmente in qualcosa.
Per questi Il Libro dei Mutamenti o I Ching rappresenta la mutazione della manifestazione e non il divenire del destino. Parla delle manifestazioni possibili all'interno di una data configurazione con una percentuale di adattamento Yin e una di creatività Yang.
È come il mutare d'abito, di costume e delle trame, dei canovacci, delle configurazioni simboliche, dei copioni e il loro succedersi in un divenire non-sequenziale, né solo ciclico, ma ipertestuale, o addirittura ipermediale.
Goffman conosceva I Ching?

Il divenire è possibile senza una variazione delle condizioni temporali o di quelle spaziali? Non è forse vero, dunque, che è il tempo la causa e l'essenza stessa del mutamento?
A ben pensarci lo spazio e soprattutto il tempo sono delle condizioni per nulla necessarie a descrivere il cambiamento. Il prima, il poi, il dove sono condizioni aggiuntive: si viene tirati per i capelli spesso al fine di introdurli anche se il nesso non è così sicuro.
"Dopo mangiato sono uscito a trovare Gino". Il fatto che sia andato da Gino non può essere legato in nessun nesso al fatto che abbia cenato, non ne è né la causa, né una precisa collocazione temporale. Se avessi detto "dopo avere preso le chiavi della macchina sono andato da Gino" o "ero da Gino dopo un lungo viaggio in macchina" le collocazioni temporali erano ancora diverse e altrettanto povere di informazioni.
Il fatto è che "essere da Gino" o essersi recati da lui sembra un fatto povero senza una collocazione spazio temporale, anche quando - come quasi sempre - non servirebbe affatto.
La "collocazione del discorso" è una di quelle che Bateson chiamava "punteggiature", come quando diceva che il Potere non esiste e che siamo noi che punteggiando con esso le nostre frasi forniamo un valore di significatività ad un concetto astratto, privo di declinazioni puntuali, ma carico di ideologia e di plus-valore emotivo.
Lo stesso vale per Spazio e Tempo, anche quando sembrano idee fin troppo innocue. Proprio in ragione di quanto siano minimali le idee si rendono facilmente pervasive e contagiose. Il Tempo e Lo Spazio sono il letto di Procuste che impoverisce e umilia il nostro pensiero e lo spirito.

28.12.02

Proseguendo nella direzione di Kant, sia Bernhard che Bruner ribaltano l'idea di spazio e quindi di tempo. Lo spazio non esiste in sé, neppure come categoria trascendentale: è un attibuto dell'entelechia, dice Bernhard, esiste solo nell'alveo del destino dell'esistente, della sua direzione, il suo senso.
Al di là del senso non abbiamo ragione di credere che esista qualcosa come lo "spazio", né altro di simile. Quanto sia importante quest'osservazione lo intendiamo ancor meglio se usciamo dall'interesse tutto giudeo-jungiano di Bernhard per fermarci all'idea che lo spazio esiste nella delimitazione. Come dire che la retta è un concetto talmente astratto da diventare irrilevante o onnicomprensivo. Lo spazio è nel regno dei segmenti di retta o di curva (in questo anche le geometrie non euclidee sono euristicamente povere). Il segmento è il dominio dell'oggetto e dell'identità.
Per comprendere meglio l'idea ricorriamo allo sviluppo infantile. Brunner ci fa osservare in proposito che lo sguardo dei neonati non coglie lo spazio perché non lo distingue. Potremmo forzare l'idea dicendo che in fondo nel neonato l'esperienza dell'esistenza, del vivere, della presenza è un indistinto. A dare il senso del tempo saranno le regolarità, come i cicli nittemerali. A dare quello dello spazio è l'attività motoria. Prima ancora di imparare a camminare arriva la prensione e la prima prensione è la suzione.
Mano a mano che succhia, ad ogni poppata la pupilla si esercita a mettere a fuoco. Lentamente la messa a fuoco e il comportamento genitoriale lo porteranno a segmentare lo spazio in oggetti e questi sono solo perché dotati di senso.
Questo vuol dire anche che lo spazio è un attributo, ovvero un pretesto per il significato. Spostandoci sulla strada dell'autopoiesi potremmo sostenere che spazio e tempo non esistono in sé, ma solo come declinazioni del significato. Insomma si esce e si rientra in continuazione dal dominio kantiano, pur allontanandocisi nell'annicihilimento della categoria. Il mondo è costruito su due coordinate pretestuose.
Lo spirito, l'anima forse, ha bisogno di coniugarsi con il mondo. Lo spirito è l'unica retta e l'unica iperbole possibile. Cosa se ne fa del suo stato di iperbole? Perché giungere in vita se non per sperimentare la condizione di esistere, l'esistenza come segmentazione del dominio del significato? Dare il nome alle creature di Dio e moltiplicare nomi in quanto attributi di significato, questo il senso mitico della condizione umana.
Tanto è importante che Babele può in proposito essere considerata come una grande opportunità, più che come una dannazione. I miliardi di sfumature con cui descrivere il creato, ovverosia gli stati dello spirito.
Il sentire diverso è la differenza fra le parole, l'arricchimento, la moltiplicazione per separazione dei cromosomi di significato.
L'anima cresce nella parola, nello stesso modo in cui lo spirito rischia di spersonalizzarsi nell'identificazione delle sue parti in mille segmenti spaziati e in altrettanti segmenti temporali per di più elevati geometricamente per le lor infinite combinazioni.
La parola passa dall'essere la manifestazione del significato in quanto unica vera dimensione dello spirito (e in quanto tale arricchente), al divenire la vera malattia dell'anima che finisce per assorbire le proiezioni del significato, prima attribuite agli oggetti e poi da questi restituite. La fede nel linguaggio segmenta l'io, cerca di fare altrettanto con l'anima e questa nutre il timore ingiustificato che possa verificarsi lo stesso nello spirito.
Non è però possibile, perché la segmentazione e quindi lo spazio e il tempo dotati di legittimazione propria sono falsi, offuscano e falsificano la percezione della verità ai nostri occhi e a quelli dell'anima, ma certo non possono intaccare la verità che abita lo spirito che è in ognuno di noi lo stesso.
La persona non è un segmento dello spirito, ma piuttosto un suo passaggio, una variazione, una variazione tonale nella sinfonia di tutte le musiche e le arti esistite, a venire e potenzialmente irrealizzabili.
Il luogo, il tempo e l'identità sono periodi sui quali però non riusciremo forse mai, fintanto che siamo vivi, a non parametrare ogni evento e ogni scelta del nostro piccolo segmento di esistenza.

17.12.02

In una sequenza de I Ching viene espressa la naturale evoluzione del conflitto.
Questo viene descritto come Contrapposizione (Kkui il lago su cui poggia la fiamma) fra mentalità, modi opposti di pensare impossibili da integrare.
Da qui tuttavia parte l'avanzata del tenero, del debole che, facendosi strada grazie alla condiscendenza del forte cerca di emergere, di liberarsi. Berne potrebbe descrivere questo processo come l'espressione della parte bambino costretta e soggiogata nell'inconscio.
All'inizio di questa risalita, quando il contrasto si fa sentire i soli risultati che si possono ottenere sono minimi. L'Io comprende quest'istanza emergente, senza per questo perdere la propria integrità, il proprio carattere distintivo, la sua sicurezza. La contrapposizione non va sanata e gli incontri fra l'adulto e il bambino sono casuali, improntati da disponibilità senza integrazione.
Le cose non possono procedere nell'indifferenza e i conflitti di mentalità e di interessi generano situazioni di blocco, ovverosia di Impedimento, difficoltà: in Kienn il fuoco diventa monte e il lago alla base diventa acqua. La situazione va cioé alla radice delle mentalità, ai valori, agli interessi primari e lì si irrigidisce. A questo punto è meglio che le parti si ritirino verso la propria persona per "coltivare il carattere", ma non con spirito di rinuncia. È una ritirata funzionale, si tratta di ricorrere alle energie che provengono dagli amici che si sentono richiamati dalla persona che è in grado di soffermarsi nell'intimità, di "stare" e non necessariamente di "fare". L'unico "fare" che rende importante questa fase ("Grande invero è il tempo della contrapposizione" ma anche "L'effetto di un tempo di impedimento è invero grande") è trovare una persona che sia di esempio o di aiuto, in grado di rinforzare e di riconoscere la perseveranza e il lavoro su di sé. Nei periodi di impedimento, di blocco, la disciplina del sé (la cura del prato o il tiro con l'arco zen, ma anche la meditazione, l'analisi...) è particolarmente efficace. Questi sono i momenti per coltivare parte dell'opera al nero alchemica, la separazione dagli attaccamenti e dagli egoismi idealistici per scoprire che si tratta spesso di forme di nevrosi perché si sono progressivamente allontanate dalla modestia della realtà per vivere una vita propria. Ma la vita propria degli ideali e delle passioni è la schiavitù di chi li nutre di sé.
Questo processo di ritiro e di disciplinata disponibilità fa sì che la componente bambino, l'istanza debole soffocata nell'integerrimità dell'Io possa liberarsi ed emergere alla superfice per esprimere le proprie ragioni. Questa Liberazione (Hie), questa distensione fra le parti. Il contrasto fra l'acqua abissale e il monte ha fatto sì che dal monte si generasse il tuono che muove le acque rese torbide dall'immobilità, le chiarisce e le anima. L'esplosione è come la rabbia, come lo schianto emozionale che spezza il ghiaccio dell'anima e libera le sofferenze e i desideri costretti all'interno.
Niente come il pianto liberatorio dell'Io che cede il posto alla parte debole, un grande sfogo di emozioni, ma anche un ritorno delle parti di sé alle radici, alla casa di origine per comprendersi e riappacificarsi. Niente in questi casi funziona meglio del perdono, della comprensione e della sospensione delle pene e delle accuse.
Certo non esiste nessuna riappacificazione senza qualche rinuncia da parte di almeno uno dei due. Per ricomporsi occorre una Minorazione (Sunn) di qualcuno, un sacrificio di parte dei desideri e degli ideali per arrivare a una nuova unità che è anche una forza maggiore. Prima c'è la sofferenza di recidere parte di sé, ma se questo lavoro viene fatto bene e con onestà tutto sarà più semplice, le parti combaceranno come i poli opposti dei magneti si attraggono per unirisi. "Minorare il solido, l'inferiore", l'Io che sta alla base, l'adulto, per "accrescere il tenero, il superiore", il bambino, il debole che vuole emergere in superificie: questa operazione di vivisezione e di ricomposizione I Ching la definisce "cultura del carattere".
I frutti di quest'operazione si raccolgono nel volgere di una stagione o due e porta la gioia racchiusa nell'energia del debole che si esprime e nel recupero di sicurezza dell'adulto. Il moimento qui segue le leggi della natura e non va forzato. Tutta l'energia va investita nell'equilibrio e nel mantenimento del centro di sé per vivere al massimo il periodo dell'Accrescimento (I), stagione in cui sbocciano i fiori e il senso dell'intimità del tramonto è più ricercato.
Lasciarsi andare ad intraprendere le cose della vita che si impongono a noi senza grandi resistenze mentali, il tutto in dolcezza e armonia, lasciandosi guidare dalle sensazioni, dalla bontà e dalla bellezza per seguire e dal male e dal brutto per cambiare strada. Si è lavorato troppo prima e ora si raccolgono i frutti di una rinnovata armonia. L'ultimo momento in cui l'adulto e il bambino vivono insieme prima di separarsi.
Questo avviene quando la serenità del lago sale al punto di ambire al cielo anche se è impossibile. L'armonia genera uno Straripamento (Kuai): il debole deve separasi dal forte, il bambino deve crescere staccandosi dall'adulto, le istanze costrette e poi espresse devono abbandonare il loro carceriere poi divenuto ospite e mentore. Se così non fosse sarebbe pericoloso, si entrerebbe in una situazione di degenerazione. Questo va spiegato alla parte debole da un Io per niente aggressivo, per quanto determinato: "la verità dev'essere proclamata". Bisogna che il forte faccia comprendere il pericolo al debole e o aiuti ad elaborare il lutto. Il tutto va espresso con una decisione generosa del forte che rinuncia alla sua gloria e al narcisismo. Una tale decisione non basta che venga detta con le parole: deve prendere corpo in un'iniziativa, un'azione, un'impresa, perché solo così non ci sarà l'eterna tentazione a restare, a tergiversare, temporeggiare, favoleggiare un ritorno a uno stato ideale irreale.
La luminosità del forte generoso e disinteressato a sé, se da un lato consente la separazione della parte bambino, rende l'adulto vulnerabile all'incistamento di altre parti deboli provenienti dall'esterno, inquinamenti del mondo, tentazioni, ma anche ospiti seduttivi che rischiano di rovinare il lavoro fatto su di sé per indebolirsi molto di più di quando si era iniziato.
Kou, Il farsi incontro è però un'altra storia. Quello che occorre sapere alla fine di questo processo maieutico di crescita (o di analisi, se preferite) è che alla fine è bene che l'Io ricostruisca la sua Mappa del Mondo, indicando le direzioni in cui intende muoversi e quelle che ritiene sbagliate, ridefinisce un suo metro di valori e delle sue leggi, delle regole da mantenere e da fare mantenere.
Tutto questo però fa parte di un'altra storia che prima o poi leggeremo e racconteremo a noi stessi nei filò invernali dell'anima.

9.12.02

Ernst Bernhard è stato in fondo il padre della corrente jungiana in Italia. Un apocrifo jungiano: quindi, un apocrifo di un apocrifo. Un nomade, come si definisce, un beduino come si rappresenta essere stato Gesù: più Ismaele che Isacco, più Esaù che Giacobbe.
Egli fu tratto via dai campi di concentramento da uno dei più grandi italiani, l'orientalista Tucci.
Scrive Bernhard nel '34: "Accogliete con amore i vostri nemici, il vostro lato d'ombra. Realizzateli dentro di voi. Non accontentatevi di ciò che vi viene incontro dal di fuori. Fate che sia motivo a un'ulteriore presa di coscienza. (Guancia destra e sinistra)".
Altrove egli simboleggia l'avvicinamento all'Italia come uno spostamento dalle radici patriarcali dell'ebraismo che si disintegra insieme all'arianesimo, per approdare alla Grande Madre orientale (alla Neuman) mediterranea e orientale.
Il sentimento della pace è una radice della terra che si sviluppa lentamente e va coltivata a lungo. Il pensiero dei nemici come ombra da realizzare al nostro interno è profondamente presente anche nella cultura buddista delle cui tecniche meditative, una si sviluppa nella raffigurazione di sé intenti a fare del bene ai nostri peggiori nemici.
Quanto è lontana da tutto ciò la storia del popolo di Israele narrata da un Libro carico di persecuzione e vendetta da e verso i nemici di un Dio solito incutere timore.
Quel Gesù che coltivò in Egitto tutta la sua formazione era un beduino, certo o probabilmente, probabilmente vicino al Dio d'amore che sempre lasciò che perseguitassero i suoi seguaci, l'Ammon solare, così simile a Dio Mitra di provenienza persiana che aprì la strada al cristianesimo di Paolo. Quel Paolo che Bernhard indica essere l'origine del fraintendimento, dell'inesattezza. Siamo sicuri che fosse un'inesattezza. Oppure esistono gli ebrei apolidi, quelli del deserto, se non matriarcali, in fuga dall'autorità e dal Timor Dei; e poi gli ebrei del Tempio, i sacerdoti, figli si quanto di più patriarcale, la norma, la regola, la Legge...
Forse che il beduino ha Timore del sacerdote... timore di tradire?
Oppure alla radice di un certo sentire ebraico dissidente c'è consapevolezza del proprio essere ombra e desiderio di essere riassimilato in una nuova unità?
Il sogno di Bernhard che vede l'identità speculare di Cristo con Pilato forse simboleggia la modernità del sentimento religioso: un sentire che supera la dialettica delle Origini?

5.12.02

Il Pozzo, scrivono I Ching è la radice del carattere.
È il punto di riferimento di quanto si muove attorno a lui eppure non agisce.
Un'altro aspetto interessante del Pozzo è che spesso dalla superficie non si nota e sembra un oggetto insignificante.
Sotto quel piccolo varco, spesso neppure identificato con precisione si apre un autentico baratro, un habitat sotterraneo molto più ampio di quello che sta sopra.
Pur essendo il punto fermo che distingue i comportamenti che hanno un centro e quelli che si agitano come mosche ubriache, non è privo di pericolo per chi non lo comprende e, nonostante questo non lo rispetta.
Dovrebbero insegnare il pericolo del Pozzo tutti i genitori ai propri bambini.
Quanti Pinocchi adulti giocano con il pozzo e senza neppure rendersene conto perdono il senso di sé?
Questo è il senso del monito del libro, quando avverte che non percorrere l'Opera fono in fondo ("si è quasi raggiunta l'acqua, ma non si è ancora ben giù con la corda") o comportarsi in maniera goffa e irrispettosamente inconsapevole di quanto si sta facendo ("si infrange la brocca") sarà una sconsideratezza infantile che costerà cara.
Non si scherza con l'anima come non si gioca con il Drago.
Il Pozzo è quintessenziale e opera l'alchimia purificando l'anima con la sicurezza di un punto fermo che non serve gli interessi di nessuno, ma le regole del centro.
Non tutti i pozzi hanno la stessa valenza. Una falda periferica può essere sporca e velenosa. Il Pozzo del paese era un punto di riferimento vitale della vita pubblica.
RIcordo il Pozzo che c'era al paese di mia nonna negli anni sessanta. Aveva una gabbia in ferro battutto tutt'attorno raffinatissima, segno della cura, del rispetto e del valore che i cittadini attribuivano ad esso. Tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli ottanta fu smantellato. Il paese non aveva più un centro, non aveva più un'anima. Questo cambiamento, la fuga dal paese probabilmente avvenne prima che fosse ricoperto il pozzo.
La falda però non è morta: è solo coperta. È l'alito del Drago, l'energia della Terra che continua a fluire e si conserva in attesa che l'anima delle persone si risvegli: aspetta che il bisogno di purezza ritorni sulla superficie e che ci sia disponibilità nelle persone ad affrontare la purificazione alchemica del proprio profondo ancestrale.
Oggi i pochi pozzi rimasti disponibili si trovano in rari paesini periferici, ma più spesso in luoghi sconosciuti ai più, dove i sempre meno rari ricercatori dell'anima o quelli che anelano un ritorno ai fondamenti, si recano in pellegrinaggio e vi rimangono in una contemplazione.
Il vecchio pozzo vituperato di un tempo ora diventa per alcuni un grande valore che supera le contingenze dei desideri per andare dritto al cuore del senso della vita e delle vite.

4.12.02

In questo periodo il mio centro è molto vicino all'esagramma de "I Ching" chiamato "Il Pozzo".
Nel disegno il trigramma del legno poggia sull'acqua, ma la sentenza è meno leggera e molto meno sfuggevole:
"Il pozzo.
Si cambi pure di città, ma non si può cambiare il pozzo.
Non cala e non cresce.
Essi vengono e vanno ed attingono al pozzo.
Se si è quasi raggiunta l'acqua del pozzo, ma non si è ancora ben giù con la cordaoppure se si infrange la brocca, questo reca sciagura".
Nell'immagine, poi, si delinea il nobile che anima il popolo ed esorta gli uomini ad aiutarsi.
Per ora lascio che l'immagine permei di sé il mio spazio interiore, meditando lungo il cammino: il Pozzo è sempre lì!

Questa in fondo è la continuazione del mio primo casuale weblog "NoWhere memories" su Xanga nel quale scrivevo: "Qual'è la colonna sonora del nomade, dello straniero nella sua stessa vita. Penso possa essere il silenzio da una campana di vetro da cui si percepisce lontano il boato della strada giusto là di fuori. "Qualunque sia la ragione per cui la grandezza si esaurisce, è sicuro che essa perde la sua patria. Per questo segue poi il segno: il Viandante. Di chi gli amici son pochi, quegli è il Viandante. Il Viandante: sue sono le vie secondarie e le cose piccole. Stare in sé stesso e perseverare sulla propria strada: il senso del tempo del Viandante è invero grande" I Ching - esagramma 56" Posted 3/17/2001 at 12:04 pm
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